5. Retrogrado

Statemi bene. Sono giorni che piove col sole, inforrazzata prima e raggio dopo, così in alternanza che nemmeno marzo alla periferia di londra (per quello che ne so), e mi dicono beh, avrai visto l’arcobaleno! No, non l’ho visto. Ma non fa nulla. Non è che si può vedere tutto e subito. I giorni sono speciali anche quando sono tristi, i miei non lo sono nemmeno più, il colore mi fa fare foto matte, il colore è sempre stato dentro di me.

Cinque minuti bastevoli a dire che quando sarà se sarà la volta, sarà tutto più complicato; perché metti caso che ha una jaguar mi farà schifo, metti caso che sarà una sottospecie di dottore mi farà schifo, metti caso che viva lontano, mi farà schifo, metti caso che avrà già una figlia mi farà schifo, metti caso che avrà imparato i rudimenti emotivi su youporn (mettendo caso che sarà già così vicino per potermene accorgere) mi farà schifo. Non tanto lui, eh. Quanto la volta buona, ecco.

Certo, tutto questo ha avuto un prezzo, l’ottimismo ha un prezzo. E mi sono anche di nuovo innamorata. Cioé. Spieghiamoci bene. Una traversata sponda lombarda-sponda piemontese dura circa diciotto minuti. Mi sono spinta fuori all’aria negli ultimi cinque quando da sopra, prospettiva privilegiata, mi sono imbattuta nello sguardo dell’uomobattello più bello mai visto che guardava me. (Nel senso che mi sono girata per vedere se dietro di me ci fosse una gnocca benvestita, coi capelli tinti, col tacco 12 ma lo giuro, non c’ero che io sulla traiettoria degli occhi). Mi ha guardato con una dolcezza che da un anno non conosco più, con l’aria di uno che vorrebbe dirti qualchecosa, e guardava il viso e non quello che mi guardano di solito, mille punti, il ragazzo, subito. E io, che nei film gli avrei dovuto mettere il mio numero di telefono in tasca, nella realtà ho nascosto la capuzzella tra i ricci e sono scesa dal ferry che la piattaforma non era nemmen scesa del tutto. Così lui ce l’ha fatta a dirmi “attenzione”. Già attenzione. E io a sentirmi innamorata per cinque minuti, ma innamorata giusta eh, con tanto di visione tantrica, bell’uomo.

Sono diventata meno paziente con il male e il dolore degli altri, lo ammetto. Non tutto, giochiamo a capirci; soprattutto quello telefonico del ti parlo addosso per ore, sono tanto sfigata, tu non puoi capire (eh, no, non posso). Quello di chi non si fa sentire da mesi perché ritiene di non doverti dire che ha qualche bega perché se le fossi amica dovresti indovinarla eh. Quello di questo genere qui, quello sordo dove tu sei un orecchio di plastica oppure il male usato come moneta di scambio emotivo. No, grazie, preferisco vivere.

Io non lo so com’è che è andata ma un giorno ho deciso che volevo stare bene. Che non volevo abituarmi al male, che non ci volevo convivere, che avevo ancora la foto dove sorridevo e non guardavo; ho preso quel male e l’ho portato nell’unico posto in cui mi pareva plausibile perché da sola capivo che non ce l’avrei mai fatta. Non è bello a dirsi, ma suona circa come “mi sono fatta aiutare”.

Giorni peggiori, dopo la fine, in cui pensi di essere solo la pena che senti, giorni in cui sei solo un seno cascante, un utero vuoto, un’unghia incarnita. Perché non è che il dolore vada però sottovalutato, intendiamoci, nemmeno quello. Quello per cui hai perso alcune persone perché non glielo volevi dire e allora che amica sei che non condividi, e altre che glielo hai detto e allora che amica sei se mi butti addosso questa cosa difficile. Già, che amica sono.

Giorni in cui credi che il tuo destino sarà andare come le figlie nubili in là con l’età al teatro della parrocchia con la mamma, che questi saranno i tuoi sabato sera da ora in poi, la zitella con la mamma anziana, del resto ne hai viste a frotte in paese compiangendole e urlando dentro il tuo ventenne NO! Solo che inizi a vederti così che un uomo ancora ce l’hai, seppur lontano e inizi a rinfacciarlo a lui che finirai così per colpa sua. Malcapitato. Anche qui, un’analisi dovuta: rinfacci a un compagno di sentirti sola, che lui ti lascia sola: eppure è quella distanza, quella vita sconclusionata che ti ha portato a lui. Se un giorno ti sta stretta, è lui che ti sta stretto. Non è a lui che devi dire qualcosa, che devi pronunciare parole quali colpa. Ma solo a te setssa. Che amante sono stata, ad amare senza amore. Già, che amante sono.

Ci sono stati giorni, passati non da molto, in cui pensavo che non sarei mai tornata a stare bene. Convinta che alcune persone siano più fragili di altre senza saperlo e che certi eventi più o meno vissuti o attraversati ti facessero cascare in un abisso da cui gli altri si riprendono e tu no. Per predestinazione. E non per uso di risorse. Comodo, vero? Quando il tuo sentire si assesta su “eh, ma io…” che equivale a un “ma io soffro di più, ma a me è capitato questo, ma quello che provo io è di più”, insomma un agguerrito armamentario di eccellenza del dolore.

26 pensieri su “5. Retrogrado

  1. Uno che ti fa scendere senza seguirti, uno sguardo che ridà una certezza: non è mai tardi per voler trovare un arcobaleno dentro invece che cercarlo in un cielo altrui. Bentornata.

    1. e io che pensavo di non essermene mai andata. Benritrovata, allora. Ho in testa un qualcosa per te…abbi fede.

  2. L’ottimismo ha sempre un prezzo. Che è, comunque, sempre un goccio più basso di quello del bicchiere mezzo vuoto. E non dico altro, ché quella Arnim che citi là a fianco lo dice meglio di me.

    1. come se poi quella Von Arnim citata lì a fianco non sia lì per dire tanto altro… 😉
      p.s. bicchieri mezzi vuoti? Giammai, ce lo si riempie. Che ne dici di un Ribolla Gialla?

  3. È una bella consapevolezza quella di riconoscere in se stessi (e non solo negli altri) il valore delle cose che succedono e che vogliamo. Riconoscerti parte di quel qualcosa che non filava come doveva è un primo passo per sentirsi innamorata anche solo per cinque minuti. Sentirsi gratificata da uno sguardo (forse pure meno bello di come ti è apparso) ma che non aveva altri occhi che per te. Uno sguardo che ti ha risollevata ed aiutata a comprendere che la bellezza che trasmettiamo è quella che siamo in grado di riconoscere. Che tutto quello che accade intorno a noi, accade anche perché ci siano noi. Dentro. Immaginare che non possa esserci un altro è solo una sorta di autodifesa che ci aiuta a sentirci meno indifesi e disposti agli attacchi. Ma poi un giorno, mentre starai passeggiando, un nuovo sguardo ti smuoverà l’anima e pur sapendo che ritornerai ad essere indifesa, riconoscerai che essere innamorati (senza un tempo previsionale, per cinque minuti o cinque anni) è quanto di più bello ci possa essere e se sarai in grado di goderne, avrai vissuto già nuovi momenti di bellezza che non ti abbandoneranno. Mai.

    1. Diciamo che il momento che descrivi, capace come sono, ancora lo temo. Ma temere è sapere che potrai ancora pregustarlo e rigustarlo, l’ho capito. Hai sempre non solo ottime parole per me, ma soprattutto di empatia. Sappi che te ne sono sempre grata.

    1. . In realtà c’era da tempo, dovevo solo imparare a riscriverne. Sono contenta di questo tuo messaggio e di pensare ad altri raggi di luce, adatti e tutti per te 😉

  4. A me, ritardataria per professione, è riapparsa la luce un giorno, dopo tanti bui, incontrando lo sguardo di una mucca in un pascolo di montagna, mentre sdraiata sul,prato guardavo il cielo e ascoltavo l’acqua di un ruscello scorrere. Uno sguardo e l’aria attorno possono sciogliere un nodo 🙂

  5. va bene, adesso tu prendi la macchina e ti metti a fare sponda lombarda-sponda piemontese avanti e ‘ndrè tutto il weekend e anche nel tuo giorno libero. pago io i biglietti, ma Capitan Findus deve essere tuo!

    1. dirti tu sì che sei un’amica mi pare poco. Molto poco. E l’idea, non credere, è quella. Ahahahahahahaha. L’IBAN te lo spedisco tra un minuto in pvt.

  6. Vorrei mettere un “mi piace” ma come sifa; a nessuno piace… Ma tu fatti guardare, lasciascia che le cise belke, anche gli ukmini, ti vedano. Oerché di cose belle ce ne sono tante. Abche tu.

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