Al bianco frizzante si era in un vicolo all’ombra della città dei gelati, pensa che bello una città e una gelateria procapite. Eravamo lì, zuppa di pane, seppioline, storditi ancora dalla notte del rito pagano, del rito sciamanico del nostro Nick Cave.
Due ore dopo una lontana, non troppo, aria di mare in città, pensa , che bello, una città e mare e fiume, faceva un caldo porco e l’amicizia stendeva pizzette torte di riso e due, dico due, bottiglie in tre. Una in mio onore, falanghina.
Due ore dopo guardavo il fiume e un levriero afghano, l’eleganza dei levrieri afghani e di quelle bevandone con la mentuccia dentro. Non dirmi che ne berresti un altro, certo che sì, il secondo giro è il mio, molla giù, mentre il tramonto dorava sogni di chiatte sul fiume. E dorava il frittino, eh.
E l’amicizia. Che ha tante sfumature, che quella che mi piace di più ormai non parla neanche piú, ascolta, ascolta chi non deve per forza raccontare una storia dall’inizio. Si può partire a metà, si può guardarsi e basta. Volete stare qui o vi fo andare sui gomiti in stazione? La prossima volta, sto, sto su sto lungofiume così leggiadro.
Reggi eh, te, quali sono i versi più belli della letteratura italiana fatta eccezione per le terzine dantesche eh, com’ero convincente, pupille dilatate e fresche le mia parole ne la sera ti sien come il fruscio che fanno le foglie. Di menta nel mojito.
E l’amicizia, andate e ritorni, andate tutti dove vi pare, con chi vi pare, andate e tornate e raccontate ma fatelo in silenzio, per meraviglia, non per segnare un territorio. Se volessi un cane, forse vorrei un levriero.
Un’ora dopo nella città del gelato dolce e dei grandi concerti non è che si possa andare a dormire senza la finocchiona e un rosso di Lucchesia, che rosso sia. Che notte sia, keep on pushing it.
Push the sky away.
Grazie a chi c’era e che sorride e che carezza le dita su biglietti di concerti, a chi ha la regola se sono amici non meno di due, (bocce), grazie.
Grazie a una regione che se la prendi per angoli, è ancora sincera.
Ps. Ellosò che manca il referente, amica di animo zingaro, ma se ne trovi un zichinin è tutto per te. Mi mancava, un venerdì. Così.
si, l’alcol elimina i freni inibitori, e anche le frizioni..qualcosa si capisce, ma solo perchè io son malato, di oscurità 🙂
Questa volta rEferisco tutto. Ma sono privilegiata, ho il decrittatore…! 😉
Effettivamente, GG, senza decrittatore ho qualche difficoltà. Ma l’unica cosa importante è che vada bene a te, non che noi capiamo (troppo). Poi se si vuole c’è sempre tempo…
Ciao !
Anonimo SQ
Mi consolo…non sono l’unica a cui manca il bandolo, ma mi sembra che sia tutto ok 😉
Certe serate non hanno il bandolo. Vivono di luce propria, di amicizia e di mojito. Grazie al cielo. A me piace troppo come scrivi. Te l’avevo già detto?
andar sui gomiti in cotanta compagnia lo farei anch’io 🙂
Che belle quelle serate dove puoi dire le cose partendo dalla metà e gli altri ti capiscono anche se dici solo mezzi e balbettati suoni! Col vinello poi è tutto più cordiale e se gli amici sono quelli di sempre basta cominciare a ridere e si ride per niente. Per amicizia e complicità..a volte di niente, ma quegli amici son complici 😉
“non parla neanche piú, ascolta, ascolta chi non deve per forza raccontare una storia dall’inizio. Si può partire a metà, si può guardarsi e basta”
La conosco! Che fortuna che la conosco!
che belle le sere d’estate con un bicchiere e un amico (o più) davanti – lo spazio e il tempo per essere se stessi e basta
le amicizie che non parlano sono sempre le migliori, pezzi di storie in disordine che si mescolano, e il resto è solo stare insieme.
E quanta passione e leggerezza in una sola sera. Ecco, una sera così mi pare di iniziazione per chi deve rinascere.
certe sere un mojito tira un racconto e un silenzio tira un sorriso. belle quelle sere.