Vai e non voltarti

Mancavano delle ore di una materia importante, ancora a fine ottobre, al liceo.
Le segreterie tergiversavano, di molte scuole, a volte lo fanno, perché l’avente diritto (si dice così) non era di gradimento a molte scuole, quindi con un gioco un po’stronzo aspettavano a chiamare, temporeggiavano, chi prima arriva, male incoglie.
E poi, alla fine, aggirato l’ostacolo, lo sblocco chiamate. Il supplente.
Giovane, qualcuno dice bene.
Timido, lo vedevo già dal modo di porsi, quelli che poveri, come gru monche, si appoggiano su un piede solo, paiono che non vorrebbero occupare spazio. Sguardo perso nel vuoto, colpa dell’occhio chiaro. Speriamo che in classe si trasformi, per la materia importante. Poi non ci ho pensato più. Fino all’altro ieri, quando sotto “annotazioni” campeggiava una nota disciplinare:
“Nonostante i miei ripetuti richiami, la classe continua a disturbare costringendomi a svolgere solo metà degli esercizi previsti”

Io dico, nemmeno la fantasia. Nemmeno distanziarsi dagli stupidari delle note dei professori.
La vedo, la nota, li guardo, i terzini. Non mi piacciono molto, per ora, i signorini e le signorine di questa terza. Chiedo, da coordinatrice, come mai. “Ehhh, ma però, non è, ma se”. Capito. Richiedo, qualcuno abbia il coraggio. Me lo dicono. Prof, parla a bassissima voce, da solo, come se spiegasse solo a se stesso. (Eh). Allora noi diciamo che, diciamo che non lo seguiamo, magari prof non ha esperienza, abbiamo torto, lo sappiamo ma ci mettiamo a fare casino.

“Avete torto”. (Eh).
Provate a non essere ostili, chiedete di cosa avete bisogno (ma intanto non è che mi sembrasse dire giusto) (eh)

Poi in consiglio di classe. Nemmeno una parola, il giovane. Chissà se per timidezza, disorientamento, pocoimporta. Gli chiedo un impegno su un progetto futuro, mi dice “tanto me ne vado”. Mi congratulo se hai trovato supplenza più adeguata. “No, vado proprio via dalla scuola”. Un tono leggermente di fossiscemocomevoi, mica lo sono.

Beato te, rispondo. Vai, vai, meglio, molto meglio per te. Le colleghe fanno sì con la testa, come chi sta dentro e il meglio è restato fuori. Lui finisce il consiglio di classe in totale silenzio.

“Allora ciao, davvero, bravo, vai. E non voltarti indietro”. Un tono leggermente di neabbiamoscampatouno, che sento solo io.

35 pensieri su “Vai e non voltarti

  1. essere insegnanti è una missione, c’è bisogno di talento e di passione, in questi tempi oscuri, sono molti quelli che fanno domanda per mancanza di alternative (un po’ di anni fa è capitato anche a me, una cosa tipo ultima spiaggia e fortunatamente per tutti non ho mai fatto nemmeno un’ora di supplenza). mollare in questo caso mi pare più un atto di onestà che di supponenza. forse il “non gradito” alle segreterie era un insegnante migliore. in ogni caso la tua indignazione è bella assai.

    1. Il non gradito alle segreterie, a mio avviso, sì. Bel problema anche questo, che se non sei gradito a qualcuno, giochicchiano con le chiamate, non mi piace, come non mi piace chi fa della scuola l’ultima spiaggia. Grazie per l’appoggio all’indignazione, più che altro un pensiero, un cenno di dissenso.

  2. Essere insegnanti NON è una missione, per fortuna. Perché i martiri hanno a che fare con la fede, mentre i funzionari pubblici hanno a che fare con lo Stato. Però ci vuole talento, come per molti altri, quasi tutti i mestieri. Solo che a differenza di altri mestieri questo concetto nella consapevolezza italiana passa poco, e dunque ci arrivano tutti, troppi, ahimé. Bene che se ne va, ma bene soprattutto che abbia pensato consapevolmente di andarsene. Mi pare un passo socratico che lo rende più degno del 50%, a essere buoni, di chi nella scuola c’è restato.

    1. Proprio così, i miei colleghi che facevan così con la testa al mio primo “vai” pareva davvero che pensassero a una punizione dell’esser restati, e l’ho pensato anche io ma solo perché un consiglio di classe è un momento punitivo per eccellenza se intorno hai tali motivati.

  3. Vengo da una famiglia di insegnanti, se così si può dire, e il rispetto per questa professione è sempre meno, sembra che tutti possano diventarlo, come se stessimo parlando di un lavoro di routine che non richiede impegno. Complimenti a te per la passione e speriamo che il giovane trovi una strada più adeguata alle sue velleità.

    1. Grazie per i complimenti. Hai centrato il problema, non è un lavoro di routine, richiede impegno. Ma qui non ê il giovane a errare, sono i tanti che l’han preso per un parcheggio facile, orario flessibile, stipendio accettabile (se appunto, parcheggi)

  4. Se lo devono mangiare il dottorino, un boccone ciascuno per ogni giorno che sosta lì a prender la paga. Eh che fa comodo, dire io ci sono ma presto son fuori. E intanto?

    1. No, edp, il dottorino ha l’aria di uno che in back office magari ti scopre anche i miracoli di un termoconduttore (se esiste qulcosa com tal nome). Piombato a caso nella scuola, fugge e in questo senso fa pure bene.

    1. Fino ad adesso gli unici giovani che ho visto entrare nella scuola sono un cumulo di nevrotici, gli scartati dl privato. Poveri poveri noi e tutti.

  5. Non so… non mi sembra un passo socratico molto meritorio anche se è vero che se non si è all’altezza del compito poco importano le motivazioni per cui ci si toglie di torno: sarà comunque la scelta migliore. Mi sa tanto di uno che si è trovato lì senza troppa convinzione e il cui fuoco sacro dell’insegnamento, se mai c’è stato, si è estinto prematuramente. E poi cos’è ‘sta storia di far lezione al proprio ombelico? E tirala fuori la voce!

    1. Strav, le prime volte davanti a 25-26 adolescenti vuoi solo scappare. Sono quelle prime volte che dicono subito se ce la puoi fare. In questo paese il reclutamento docenti non tiene conto, non misura capacità relazionale, non ha un vero tirocinio e nelle forme larvali di tali tirocinii, all fine di un percorso pagto, comunque non ti ferma nessuno, adatto o no. Questo il problema.

    1. Perché stava in un elenco e l’han chiamato. Forse pensava che tu parli di cose che sai e loro ascoltano quello che sai.

  6. Quello del “talento” per ogni lavoro è un bel tema.
    Anche perché il talento è come il coraggio di Don Abbondio, se non ce l’hai, non te lo puoi dare. E sta di fatto che la frazione di talentuosi rispetto a lavori e professioni sta largamente sotto al 50 % (secondo alcuni, attorno al 5%, ad essere realisti). In taluni contesti la selezione naturale elimina i meno portati, in altri (molti) no.
    Così ci sono professori, medici, ingegneri sfigati come idraulici, elettricisti piastrellisti sfigati etc.
    Il punto è, secondo me, come ce la caviamo in una società sempre + complessa se le doti (mi veniva da dire i carismi) sono inferiori alle necessità, e poi spesso non si riesce neppure a far coincidere le due cose quando ci sarebbero ?
    Un filosofo mi ha risposto che proprio scopo dell’istruzione sarebbe mettere in luce i carismi e valorizzarli, ed eventualmente strutturare i protocolli pratici per indirizzare comunque a buon fine i non dotati. Discorso lungo, da riprendere.

    Anonimo SQ

    1. Lungo e complesso come la società che ci circonda. Il talento e l’attitudine. Glienefregasse qualcosa a chi di dovere.

  7. Ci vuole attitudine per ogni professione, e solo in pochi si avvedono in tempo dell’errore – anche per questo esistono professori sbagliati, medici sbagliati, avvocati sbagliati… Ciò che è triste è che anche chi ha attitudine e fa quel lavoro da anni, e ha più esperienza del nuovo arrivato, sente di aver sbagliato qualcosa. Un po’ come quando si guarda con ammirazione e dall’interno di questo paese chi ha trovato fortuna all’estero.

    1. Hai capito lo stato d’animo che mi ha mosso in modo molto preciso. Fino alla ogni tanto frustrazione di esser rimasta qua. Ho torto, lo so.

  8. Segua altre strade il giovane, ché non è più tempo di insegnare soltanto per tenersi stretto un posticino! Magari avrà altre prospettive.

    Io penso tu sia un'”insegnantissima”, di là dalla chiusa del post e dallo scampare.

    1. Io penso di perder colpi quotidianamente, forse perché sono stata quella più giovane fino a poco tempo fa, ora mi vedo in altro ruolo e forse non lo so accettare. Accetto il complimento perché mi proviene da te che io considero, da quando ti leggo, un insegnantissimo.

      1. Anch’io perdo colpi e faccio fatica a scuola. Però mi rende forte proprio il mio maturare come persona(e in età), che mi permette di ironizzare molto e di sdrammatizzare. Pesa il fatto che al quotidiano scolastico si sommi anche quello della vita, che è luci e ombre. Anche autunnali.

    1. Faccio fatica a vederle ste strade e forse anche lui e forse molti altri dopo di lui. Speriamo in qualche inversione di tendenza, ma ormai è un modo piatto di essere ottimisti.

  9. Ho un affezionato ex alunno super-extra-brillantissimo che, dopo laurea e dottorati vari ha lasciato l’Accademia per fare scuola, in classi di giovani scavezzacolli che si burlano di lui. Spero con tutto il cuore che trovi presto un altro lavoro, all’altezza delle sue aspettative e adeguato alle sue capacità.

    1. Sì, che poi è la base di tutto, un lavoro, non costretto, all’altezza lui delle nostre possibilità, noi all’altezza dell’impegno che richiede. La base, anche di una costituzione, a ben guardare. Un abbraccio, pens

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