Un tot di cose, scritte male, dal mio medioevo personale

Correggere i temi degli alunni di prima significa correggere milioni di parole scritte male, con le vocali scambiate, le sillabe invertite, le sillabe mancanti.
Significa sentirsi dire che tutto cambia dalle scuole medie al liceo, il voto nove della scuola media corrisponde a un sei.
Soprattutto nelle materie umanistiche, perché “bisogna capire le parole per capire i concetti” (cit.). Significa chiedersi con quale lingua veicolare trasmettano le scienze i tuoi colleghi o solamente se proprio tutti hanno abdicato e chiedono porzioni di testo e stringhe di calcolo o formule solo a memoria.
Significa ripercorrere gli errori ortografici degli alunni, i medesimi, che all’analisi logica della frase “io sono un avvocato” rispondono che i complementi rispondono alla domanda chi/che cosa e avvocato è complemento oggetto. Tutte le sante volte. Anche dopo averglielo mimato cos’è e come si potrebbe non sbagliare.
L’automatismo li frega.
Nelle materie umanistiche (???)

Significa parlare con mamme che solerti ti spiegano che è strano, i loro figli non hanno mai avuto problemi in italiano. Una addirittura, illuminata come la statua della santuzza a luglio nel capoluogo di Trinacria, sospira “oh se mio figlio potesse avere un professore di italiano come D’Avenia”.
Ma vaffanculo vah.

Significa sapere che se li spedisco, sti ragazzi, dal neuropsichiatra di turno, anzi adesso è sufficiente lo studiolo della psicologa del rione, se ce li spedisco, mi tornan DSA.
La dislessia è un virus, a quanto pare. Tre casi nuovi a classe, ogni anno, nelle quarte e nelle quinte come se piovesse.
E tu che hai cominciato ad intendertene, ne scovi qualcuna malfatta, fatta a costrizione.

Intanto le sillabe saltano, la grafia è illeggibile, non sanno leggere.
Un virus spietato.
O forse qualche errore drammatico metodologico nei primi anni delle elementari. Che mi si dica che ho il vizio di buttare le colpe all’indietro.

Mi chiedo: è vero che si insegna a leggere ora non più col vecchio sistema del combinare i suoni (insomma, b-a BA b-e BE etc…) che permette di gestire 21 miserande letterine ma lo si fa insegnando a riconoscere e memorizzare le parole intere?

Qualche collega con figli piccoli mi ha detto che è così.
Sto cercando la risposta al virus. Anche se lo so che come ogni trend, passerà anche l’ubriacatura delle certificazioni. Passerà anche l’analfabetismo di ritorno.

E poi del resto, tra Medioevo e Umanesimo ho sempre preferito il primo.

68 pensieri su “Un tot di cose, scritte male, dal mio medioevo personale

  1. Nemmeno la spagnola ha fatto tante vittime… ma è terribile che alla fine della prima superiore fatichino a leggere correttamente, io ero disperata quando una una delle mie figlie in seconda elementare ancora saltava le sillabe e scriveva a singhiozzo. Probabilmente è un virus che ha origini piuttosto lontane nel tempo, tipo una maestra che nei primi due anni ha fatto più assenze dei nostri parlamentari.

    1. Sì l’assenteista è una causa, ma non sistematica. Per esempio: le maestre che ho contribuito a diplomare io (da commissaria esterna all’esame di stato) facevano errori di ortografia. Io scandalizzata, il presidente a dire “non è l’ortografia che fa la maestra ma l’approccio umano che ha”. E anche questo non è abbastanza sistematico. Sono alla ricerca di una spiegazione sistematica. Si capisce? Un abbraccio

      1. Qui entro io. Mio marito aveva una maestra che era una mamma. Meglio di una mamma (quarant’anni fa). E fa ancora oggi una quantità di errori di ortografia che mi fa sclerare. E non è DSA. Morirò convinto che una maestra con meno approccio umano e più rigore sarebbe stata più utile.

      2. Mi sfugge il collegamento fra approccio umano e errori di ortografia. Quella maestra, se fosse stata in possesso di un ortografia impeccabile, avrebbe perso qualcosa della sua umanità? Se mi vesto di verde, traduco peggio il latino? Se compro un televisore al plasma perdo il senso del ritmo?

  2. E’ un virus dilagante e non solo alle superiori, o alle medie. No. Dilaga nel mondo dell’impresa. Hanno tre lauree, due master, millantano di sapere sei lingue, e devastano impunemente quella madre. Però il virus non è DSA. No. E’ crassa ignoranza. Che è un’altra cosa.
    La maestra d’asilo (porta pazienza, non ce la fo a chiamarla scuola dell’infanzia) mi fa: ‘sa che sua figlia (4 anni) sa leggere?’ E io (candida): ‘no, riconosce le parole. Che è parecchio diverso.’ ‘Eh, ma adesso si insegna così’ Non mi son tenuta (e quando mai, mi tengo): ‘scusi e se a quindici anni si trova scritto davanti immanente per la prima volta che fa, viene da me perchè glielo sillabi??’ Un’indecenza. Un’altra in prima elementare insegna le tabelline. Tanto le imparano a memoria. Ma se non sanno neanche sommare degnamente che gli insegni le tabelline a fare? Temo che non uscirò sana di mente dai primi anni di scuola primaria.

    1. L’ho notato in mio nipote, col tablet davanti, riconosceva le parole. Ti viene la tentazione di pensare che sappia leggere. Dovrebbe venire alla mamma (o zia) che se la vorrebbe tirare per il genietto di casa ma non alla maestra. Solo che a questo punto, se, come dice Murasaki, son 30 anni che si usa sto metodo assurdo (assurdo per una lingua economica che ha solo 21 segni, mica è il cinese santocielo) se è così, pure le maestre ormai sanno riconoscere le parole e non leggere.

      1. Quaranta, non trenta. E anche i professori universitari hanno imparato a leggere così, ormai. Anche all’estero, direi. Secondo me il metodo di lettura globale non è necessariamente incompatibile con una buona capacità di lettura.

        1. Prendo atto. Ero convinta fosse entrata in uso dopo l’abbandono del maestro unico. Ma non mi convince. Continuerò a indagare, leggerò, mi informerò.

          1. Il metodo globale è un ottimo metodo, come molti altri metodi altrettanto validi e altrettanto antiquati: la mia amica Nike per esempio, maestra, applica sia l’uno sia l’altro a seconda delle classi che ha. La questione dei metodi è che di per loro non servono a niente, se non c’è un buon manico che li usa. E – e qui rispondo anche al “ma anche no” di Murasaki – purtroppo la scuola elementare italiana è molto al di sotto della vague che la accompagna (“la scuola elementare migliore d’Europa”). Poi è ovvio che pessimi docenti ci sono dappertutto, e ciascuno di loro padellerà automatismi diversi a seconda del momento educativo in cui insegna. Se padelli le elementari, però, padelli gli automatismi di calcolo e ortografia, e dopo inneschi meccanismi che rendono più facile, per gli alunni, padellare la qualunque.
            Ma questo, onestamente, (metodo globale, sillabico, analogico, o quant’altro) nulla c’entra con la DSA, che è una sindrome reale e come tale va riconosciuta, diagnosticata e trattata. Pensare davvero (ma davvero? davvero?) che possa essere figlia di un metodo di insegnamento significa, in ultima analisi, pensare che non esista. Cioè, nei fatti, giustificare legittime quelle stesse diagnosi farlocche che gli studenti si procurano (con ciò mancando di rispetto a chi DSA è davvero) per passare velocemente in quarta (o in seconda, in terza, in quinta…). Adesso, pare, persino al liceo.

            1. La mia provocazione “medievale” era esattamente chiedere a voi, che ancora mi fate il piacere di leggermi, se questo pensiero che mi frulla nella testa potrebbe avere qualche fondamento. Mi dite di no. Mi dici di no. Il passaggio che legare la dislessia a un metodo sia negare che esista mi ha fatto riflettere (sì, mi succede persino a fine maggio). È che io nego che esista quella che viene scambiata per dislessia o forse viene solo chiamata facilmente così. E intanto, nel mio piccolo e insignificante campione scolastico, gli alunni senza problemi, più intuitivi, quando chiedo, sono i pochi cui è stato insegnato alla vecchia maniera. Quelli delle maestre vecchio stampo. Con tutto quello che mi ricordate significhi esserlo: leggere, scrivere e canzoncine infinite sui dinosauri, nisba.
              Grazie del confronto, sempre.

              1. mah, oddio, credo che stiano facendo degli studi anche sulla relazione tra DSA e metodo d’insegnamento della lettoscrittura. nel senso che parrebbe che davvero il metodo globale (io ho imparato da sola con quello, a 3 anni e 1/2) non faciliti chi è già predisposto. ma secondo me è una semplicissima questione di allenamento: se usi il metodo medievale, dopo che hai scritto quattrocento volte BA BE BI BO BU o R R R R R e così via un po’ lo impari, così come se ripeti quattrocento volte 2×1=2, 2×2=4… e se correggi quattrocento volte le h e gli apostrofi…
                sulle certificazioni farlocche, sfondi un portone apertissimo…

                1. Anche io imparai con quello, a tre anni e mezzo, come te, grazie alla mia mamma. Se ti imbatti in qualche studio di quelli, mi informi? Grazie.

  3. Se ti tornan DSA è perché le mandi da quello sbagliato mia cara. Che trovare un DSA al liceo è da paraculi proprio, no, il DSA nove su dieci o lo trovi prima o stai sbagliando di grosso. Via, via, via da quelli che agitano il DSA come un’arma, quelli lì se ci andiamo, lo trovano pure a noi il DSA. Basta non fatemi scaldare su ste cose che son le mie eh.

    1. Ti aspettavo infatti 😉 ti arrabbi se ti dico che quello giusto diventa sbagliato a fronte di un desiderio smanioso di investire denaro delle famiglie in certificazioni laqualunque? Un altro virus. Noi ne parliamo de visu a fine luglio, adeguatamente abbigliate.

      1. Comunque, ex lege, le uniche certificazioni che la scuola può ritenere valide sono quelle ASL, dunque SENZA denaro. Quelle dei centri privati dopo la legge del 2010 non valgono più.

        1. Io sono rimasta alla nota ministeriale del maggio 2011 che ha ritenuto valide anche quelle fornite da strutture accreditate nelle Regioni in cui si è creato vuoto legislativo.

  4. Ehm… il metodo globale non è proprio questa novità freschissima, l’ha usato per tanti anni mia madre, che è andata in pensione nel 1990. Semplicemente, a un certo punto è venuto di moda quello, ma ormai ci siamo dentro da quarant’anni, e qualcuno di noi, anche col metodo globale, ha imparato a leggere. Se poi a scuola non gli han fatto fare una sega per otto anni è un altro discorso.

    1. No, freschissima lo immaginavo, che non lo fosse. E mi sento parte del meccanismo, quando guardo le cose solo a valle e non a monte. Però mi piacerebbe leggere, da profana, qualche studio che lo additi come causa della dislessia dilagante (che dislessia non è). Ho questa idea in testa e da profana non saprei scriverlo io, il pamphlet…

  5. Benvenuta nel mondo della scuola del 70% degli studenti, amica cara e collega. Ché quello che voi iniziate ora con oVVoVe a vedere al liceo noi ce lo puppiamo da anni, e quei santi della scuola media inferiore pure da di più. Si chiama da un lato che alle elementari non sempre diagnosticano (e dunque poi arriviamo noi e/o quelli delle medie), un po’ che alle elementari, non importa se usino il metodo globale o il sillabico, come dice Murasaki, non fanno una sega (che siano le elementari e non le medie il buco nero della scuola italiana io e Noise lo diciamo da tempo), e, soprattutto, non correggono e danno votoni. E l’automatismo ortografico, questo è vero, smette di essere tale sostanzialmente alla fine del primo ciclo, vedi tu.
    Quello che si può fare, dopo, e soprattutto alle superiori, quando man mano crescono e li puoi far iniziare a ragionare più in profondità sulle cose è costruire delle zone di attenzione alle proprie dafaillances, insomma delle zone di grammatica sperimentale a fianco delle ore tradizionali. Piano piano funziona, soprattutto se si fa fare un adeguato numero di scritti e non quei numeri stitici che vedo nei miei colleghi. Io, ho fatto il conto oggi, ho corretto e votato un totale minimo (cioè considerando senza i recuperi, i compiti a casa, le esercitazioni etc) di 1592 scritti. Su tre classi. In un anno. Effettivamente, mi rendo conto, a fine anno, che i miglioramenti ci sono.

    1. Però così mi fai sentire una sprovveduta. Lo so che al liceo c’è ancora (per poco) una certa “scrematura”. E anche io come te e Noise vado dicendo da anni che il buco è alle elementari. E che la maggior parte delle mie colleghe, per non correggere, trasformano gli scritti in prove semistrutturate a crocette, quasi. Io non arrivo ai tuoi numeri ma non mollo e li faccio scrivere scrivere scrivere, portandomi a casa spesso prove (alcune non le valuto ma le correggo, per loro), molte prove in più. Ho loro temi ovunque, intasano ogni mio spazio, sui social, nella posta elettronica, nei commenti privati di FB, sulle cartelle dedicate in Dropbox, e fogli sparsi sopra e sotto il divano e il pianoforte. Ma qui, nello specifico, mi interrogo solo sulla possibilità che sto benedetto metodo globale abbia causato (no, certo non deterministicamente) queste lacune che diventano “problemi specifici di apprendimento” quando di specifico nulla c’è se ce l’han tutti o in parecchi. Devo davvero pensare che non facciano una sega così genericamente?
      Anche perché questa è attività trasversale che accomuna maestre, porfessoresse di scuola media, professori di istituti tecnici e licei uniti tutti.

    2. ‘spetta, io non ho mai scritto che alle elementari non fanno una sega. Ho citato la possibilità che nel primo ciclo in qualche specifico caso non abbiano fatto una sega. E’ un po’ diverso.

  6. Ma guarda che quello della comprensione della lingua, ovviamente, è un grosso problema anche nelle materie scientifiche. Ed è anche un problema di puro e semplice vocabolario. Io correggo quello che posso quando posso, anche ortografia e sintassi oltre al resto, ma vedo che la produzione scritta ahimè è proprio la bestia nera. Se trovi uno che fa scrivere più di tre quattro cose l’anno a persona è grasso che cola. A cominciare dalle elementari, certo (oh, le maestre correggono quasi tutte in classe! E si lamentano di dover contemporaneamente sorvegliare i bambini) ma medie e superiori non sono da meno.
    Del resto, coi numeri della ‘Povna, che a spanne sono anche i miei, mi sembra evidente che abbiamo un problema. Io in media correggo un compito in venti minuti – mezz’ora. Fai tu il conto di quante ore di lavoro sono?

    1. Però, queste maestre…
      Per fortuna tutti hanno certezze sul loro operato (o sul loro non fare nulla).
      Maestra

      1. Maestra, anche se anonima, ci tengo a ricalibrare il tono del mio post. Nemmeno tra le righe potrai trovare un “io son brava, quelle del percorso precedente no” ma un semplice (?) “tutti questi presunti DSA (effetto) possono avere una causa nel metodo “nuovo” che invece è vecchio, utilizzato per imparare la lettoscrittura?”.
        Tu, Maestra, per esempio, quale sistema utilizzi? E cosa mi diresti in proposito? Che son fuori strada?

        1. Rispondo.
          Io ho iniziato la mia carriera (1979) usando il metodo globale della frase; non mi ha convinta. Ciclo successivo: metodo globale della parola (Deva); un po’ meglio.
          Dal ciclo successivo ho usato, ed uso, un metodo sillabico: veloce l’apprendimento della strumentalità della lettura, adatto a tutti, bambini con difficoltà compresi.
          Non credo che metodi diversi dal sillabico creino i Dsa, sicuramente non li aiutano.
          Questa “esplosione” dei Dsa è dovuta a cause diverse, tra le più semplici:
          1) chi ha vere difficoltà è certificato come HC solo in casi gravissimi: la certificazione comporta il riconoscimento dell’invalidità e conseguenti gravi costi
          2) molti genitori non accettano che i propri figli siano un po’ meno brillanti di quanto vorrebbero, dando spesso la colpa ai docenti che non li sanno interessare; una certificazione come Dsa o Bes riconosce le difficoltà, gravando solo ed esclusivamente sui docenti (un mio alunno che si esprimeva soprattutto a parolacce era giustificato dalla mamma come portatore della sinfrome di Tourette; gli specialisti che negavano erano persone incompetenti; la signora non accettava di avere un figlio maleducato ed insopportabile)
          3) fin da piccoli, i bambini sono sottoposti a bombardamenti di stimoli visivi e uditivi esagerati, continui, senza sosta per pensare; sono convinta che anche questo non sia salutare.
          Desidero solo far capire a colleghe di altri ordini di scuola (va bene se uso la parola colleghe? Una collega della secondaria si è offesa sentendosi chiamare maestra da un operatore, l’ha accusato di prenderla in giro e di essere maleducato) che è facile pensare che chi ci ha preceduto non abbia fatto niente, o l’abbia fatto male, con superficialità, senza metodo.
          Chiediamo ai nostri alunni di non usare stereotipi e di non fare di tutta l’erba un fascio. Evitiamo di farlo noi.
          Maestra anonima (Mia)

          1. Va benissimo la parola collega ma non solo la parola, qui di sostanza si tratta. E del confronto che chiedevo. Tu potrai non crederci ma il tuo qui per me è stato un passaggio prezioso. E il nostro lavoro, in ogni ordine di scuola, parecchio complicato.

          2. P.s. Però credimi, la mia osservazione, per quanto profana, o sbagliata, o contestabile non era all’insegna “del tutta l’erba un fascio”.

            1. P.s II posso chiederti di mandarmi all’indirizzo di posta elettronica che trovi in home, qualche cosa da leggere sul metodo DEVA? Grazie.

              1. Ti copio questo:
                I metodi analitico-sintetici
                Il metodo Deva 1982
                Consta di 3 momenti che si svolgono in successione immediata per
                ogni parola:
                1. lettura globale della parola, altra lettura globale della stessa cercando il tagliandino su cui è stampata per associarla a quella della scheda;
                2. analisi della parola eseguita tagliando con le forbici e separando le singole lettere della parola stampata sul tagliandino; riconoscimento delle lettere mediante i cartelloni dell’alfabetiere murale;
                3. sintesi: ricostruzione della parola incollando le singole lettere del tagliandino, poi copiatura della parola.
                Si passa alla parola successiva quando il bambino riconosce con rapidità la parola precedente e le singole lettere che la compongono sia a livello analitico che sintetico.
                Il carattere usato è lo stampatello maiuscolo.

                E’ stato sperimentato a Torino, dove io vivo e lavoro.
                Puoi cercare altre notizie digitando semplicemente Metodo Deva su Google.

                Grazie per gli ultimi interventi, buon lavoro a noi.
                Maestra

  7. Ebbé il Medioevo è stata la prima vera epoca di creazione e innovazione! Quando sono state costruite le più belle e grandi ed infinite cattedrali d’Europa?
    Sulle parole a memoria ti confermo!
    Col nipotastro a volte sembra più TeleMike che la didattica di prima elementare!
    Ma quale dislessia cara Gatta…. Qui Malatemporacurrunttttt… Altro che quei bei quaderni dove ripetevamo all’infinito le lettere in bella grafia, intere pagine di A, B, C….

    1. Ti farei sentire cosa, insieme ai miei Comeback, è uscito sul Medioevo a lezione oggi. Io non pensavo, da gggiovane, che sarei tornata ad apprezzarlo così tanto!

  8. Ecco, appunto. Io alle medie non riesco ancora a innescare una seria riflessione individuale, se non in rari casi che ovviamente sono quelli che ne hanno meno bisogno, perciò mi trovo con situazioni pazzesche e la sensazione di scopare il mare. Però in effetti a farli scrivere tanto qualcosa si muove anche da me. A meno di applicare la teoria della mia collega, che “io riesco a fargli fare solo due temi a quadrimestre, PERCHÉ questi non sanno scrivere!”: e vorrei farvi leggere come scrive lei, la collega! Concludo con la chicca di mia figlia che nello spazio per i commenti del questionario di soddisfazione degli alunni della sua scuola (I elementare) ha scritto “scrivere di più”! Giuro che non le ho suggerito nulla.

  9. Posso dire che mi consolo ? Quando (altrove) ho parlato male delle maestre dei miei figli, mi son preso delle belle lavate di capo (eufemismo). Ora che ve lo dite fra voi, va tutto bene ? Proprio a proposito della dislessia, poi ?
    Va bene ! Ve lo ridico, allora: non è questione di metodi globali o no (anche se, per uno che ha iniziato prima con la matita, poi col pennino&cannotto, sillabico forever). il punto è che, dopo tre settimane di scuola elementare, i miei figli avevano imparato benissimo che, nella scuola italiana, “fare o non fare pari sono, fare bene o fare male, pari sono egualmente”. Ed allora si va solo con la buona volontà di carattere dei discenti, e la loro curiosità personale. Ma non c’è più sistema nell’apprendimento, e manca del tutto, tra insegnanti e famiglie, l’idea che lo studio è anche fatica. A che scopo però ?
    Appunto ci mettiamo, in generale, che ormai solo i + ingenui pensano che la scuola sia parte dell’ascensore sociale (che non c’è più)… e allora che vale impegnarsi ?Solo alcuni miei colleghi universitari, generalmente di fisica e matematica, son convinti che stanno qui a selezionare la futura classe dirigente del paese…

    Ciao GG, un abbraccio di cuore !

    Anonimo SQ

    1. Ecco, da profana, lo ripeto. Che lo capiscano alle elementari mi lascia allibita. Forse ha ragione ‘povna, un po’ sprovveduta che scende dal pero del liceo, lo sono.

  10. @Maestra: rispondo qua sotto, per dire che sono d’accordo con te, ciascun ciclo di studi ha i suoi pesantissimi scheletri nell’armadio. Io non sono tenera coi miei colleghi, e nemmeno con me stessa, peraltro (per esempio: il numero per me un po’ più basso del solito nei compiti corretti è perché con gli Anatri avrei potuto fare di più, invece alla fine abbiamo fatto solo 8 temi in classe che, in seconda superiore, sono francamente pochi). Però, a ciascuno il suo, se a 14 anni non hai l’automatismo ortografico, la colpa NON è delle superiori, NON è delle medie. E’ di qualcosa (o, appunto, qualcuno) che è successo entro la terza elementare, di lì non si scappa. Noi siamo responsabili di altro, per esempio di non educarli a sufficienza alla concettualizzazione, alla precisione, ad allargare gli orizzonti e a saper creare collegamenti veri e permanenti nella loro testa tra i loro saperi (almeno per le mie materie); alle medie sono responsabili di altro ancora (per esempio: di non educarli a scrivere in tema, sottostimando le consegne; di non abituare a saper studiare senza libro sotto e non a pappagallo e più di cinque pagine alla volta – cito, sempre dalle mie materie, casi concreti che ho visto nel tempo). Ma non possiamo dare un automatismo ortografico o di lettura che, quando arrivano da noi, dovrebbero già possedere.
    In questo contesto, e solo in questo conteso, io sostengo che la pessima fama che hanno le medie inferiori (“il buco nero delle medie” – quante volte?) dovrebbe essere un po’ rivista e contemperata dando un po’ più di relativismo alla moda delle elementari “migliori d’Europa”. Con ciò, non si nega che siano piene (anche) di buoni insegnanti, ma si dice che non ci sono solo quelli. Di più, che il numero dei pessimi, o comunque non sufficientemente bravi, sia uguale a quello degli altri ordini. Tutto qui.
    Io so che la mia maestra ci ha insegnato (sillabico) a leggere e a scrivere SENZA FARE ERRORI. Punto. A tutti. Anche gente che dopo nel corso del suo corso di studi è stata giustamente bocciata dopo. Ma NON per l’ortografia e la lettura. E quella della sezione a fianco (globale), anche. Quelle delle altre tre sezioni invece no. La differenza? Sillabico o globale, la classe della mia maestra e della sua ‘gemella’ è stata sfondata di lettura e scrittura, e di votacci relativi. Col sorriso, ma senza timore. E senza duecentoottantadue ricerche, progetti, poesie e commenti alle poesie e ‘letteratura’. Ciò che vedo fare a TUTTI i figlie di TUTTI i miei amici alle elementari, sparsi per parecchie regioni di Italia. Giudizi poi: “Che commento profondo”. E chissenefrega se nel commento profondo ci sono due accenti che volano, un’h sbandata e non si è più in grado di imparare quella poesia a memoria.
    Infine, d’accordissimo sull’eccesso di stimoli relativo alle troppe immagini per le nuove generazioni. E anche su quanto dici sulle certificazioni DSA, l’ho scritto in altro commento quassù.

  11. confesso che la prima volta che ho sentito parlare del metodo delle parole ho strabuzzato gli occhi. hanno cercato di spiegarmi che l’apprendimento è molto più veloce rispetto al vecchio. non lo so, non sono convinto. l’unico aspetto che ho percepito chiaramente è che non si può scegliere, se l’insegnante (la scuola?) ha deciso di adottarlo te lo cucchi e basta. l’anno prossimo saprò quale ci è toccato in sorte.

  12. Ai miei tempi più che di dislessia si parlava di ‘gnuranza. Peró eran tempi bui eh. La prof di storia scrisse sotto al 2 del mio compagno Nicola: l’ortografia non è un pregiudizio borghese.

  13. Buongiorno gentili prof.
    Le certificazioni DSA non sono un virus moderno. Semplicemente, ora c’è una legge che li tutela. Prima erano definiti alunni pigri, lenti, scemi, che non ci arrivano. Io sono sempre stata una studentessa brava, dalle elementari al liceo e all’uni. Eppure ho un figlio DSA. Lui non ha imparato a leggere a 3 anni, no. Anche se io gli leggevo libri belli da quando aveva 6 mesi. Il primo giorno di prima elementare aveva un foglio pieno di frasi “io sono P.” da scrivere e ha pianto tutto il pomeriggio. Ovviamente l’ho osservato molto, negli anni. E non mi potevo capacitare: eppure studia. Eppure legge tanto. Eppure scemo-scemo non mi pare. Eppure, lui, i risultati scolastici non li ha. È stato certificato solo in II liceo. Ora sta finendo la III, non sappiamo come andrà. È tutto in salita, ma lui non molla e non si scoraggia. Fa male, però, leggere che il pensiero, sotto sotto, sia che le diagnosi siano comprate o farlocche o di comodo. Dietro le diagnosi ci sono dei professionisti: psicologi, neuropsichiatri. Tutti faciloni? Si fanno 2-3 giorni di test, per scoprirlo, compreso il QI. Quando si vede un QI decente e sussistono ugualmente problemi, il sospetto di DSA c’è fortemente. I forum di genitori di ragazzi DSA sono illuminanti, a proposito. E si scopre anche che tanti genitori scoprono di essere essi stessi DSA attraverso i figli: e invariabilmente hanno avuto un percorso scolastico terribile: pigri, lenti, scemi. Si vede da come scrivono, che qualche problemino ce l’hanno. Dopo un po’ di anni che ci penso credo che sarebbe tanto bello se non fosse tutto e sempre legato a voti e valutazioni e discriminantii tu sì/tu no nel circo delle possibilità (perché chi non è bravo: non accede ai viaggi all’estero della scuola, via dagi sport agonistici perché non hai la media ecc.)… ma se ci fosse più serenità, empatia, voglia di guardare negli occhi una persona. Gli studenti adorano essere apprezzati e cercano in tutti i modi figure adulte da adorare, compresi, forse soprattutto, gli insegnanti.
    saluti cordiali,
    una mamma (Paola)

    1. Paola, grazie del tuo intervento, molto sentito. Ci tengo, di nuovo, a ribadire, che non tutte le situazioni che descrivi sono simili alla tua. E in diagnosi un po’ farlocche, mi spiace, ma mi sono già imbattuta. Diagnosi senza tutti i risultati dei test di lettoscrittura, con valori superiori a quelli che posson far parlare di DSA, con contraddizioni e soprattutto, cosa che odio, col copia e incolla di TUTTE e dico TUTTE le misure dispensative e gli strumenti compensativi. Se io devo aiutare i ragazzi e non trattarli tutti nello stesso modo, devo essere aiutata dai professionisti a distinguere quali strumenti siano più efficai per ciascuno di loro. Tolto questo, il mio post era una riflessione su altro. Che avrebbe potuto aiutare PRIMA anche i bimbi come il tuo.

      1. Mio figlio faceva le elementari prima del 2010. Di DSA si sapeva, ma non c’era la legge. Io sospetti ne ho sempre avuti, ma c’è sempre il dubbio, il filo sottile “aspettiamo, magari matura” e il “non fasciamoci la testa”. Poi, alle superiori, con le tante “non parole” del latino e del linguaggio scientifico, sono venuti fuori problemi evidenti. Posso sbagliarmi, ma se sono state indicate tutte le misure comp/disp può essere che siano necessarie. L’esperto è chi ha redatto la diagnosi… non il genitore, non l’insegnante. Nel nostro caso, semplicemente il CDC ha indicato “sarà poi lo studente a scegliere se avvalersi o meno, se aggiungere qualcosa ed eliminare qualcos’altro, magari non tutto gli è utile”. S’impara in divenire.
        Penso, sinceramente, che se lo studente avesse tutte le carte in regola, sarebbe molto più semplice impegnarsi, che non sentirle in continuazione a casa, a scuola, e le punizioni, e i rimbrotti, e il prof che ti disistima, e i compagni bravi che ti snobbano. Per una persona DSA, studiare 70 pagine di scienze per un’interrogazione di biologia è molto dura. Fa così fatica a decodificare le non-parole che non riesce più a capire niente. Per fortuna ci sono gli strumenti, i libri digitali, il lettore di testi quando non ce la fai più, il computer, i software per le mappe, i siti dedicati con miniere di materiale di studio. Davvero c’è da ringraziare la tecnologia.
        Cordiali saluti,
        Paola

        1. Allora ti faccio un esempio pratico. Ragazzo con “difficoltà di rievocazione libera orale”. Misura dispensativa segnalata: preferire la verifica orale a quella scritta. Io non sarò un’esperta, ma…

            1. Potrei farlo e già non sono d’accordo. Le mie materie ne escono un po’ svilite (qui mi dimostro un po’chiusa) E poi all’esame di stato, la terza prova? E cosa resta della letteratura a crocette invece della bella chiacchierata che di solito, socraticamente parlando, stimolo io?

              1. Qui non so rispondere perché non insegno, men che meno a una prof. Ma lo studente DSA non avrà mai il bell’eloquio. E non è che se in terza non ce l’ha, poi all’esame “allenandosi” l’avrà. È come se le parole non seguissero i pensieri. Non devono essere per forza misere crocette, ma strutturare le domande, guidarle un poco, suddividerle in parti più piccole. Lasciare le mappe a disposizione in modo che possano guidarsi da soli. Altrimenti, se non ricordano un nome (non parola tipo Ciappelletto, per dire), subentra la confusione. Blank. Brutto voto. La domanda “mare magnum” è la cosa più difficile. Ma non sta a me dirlo.
                (Sono un po’ a disagio, non è che ti sto facendo perdere tempo?)

        2. P.s e di nuovo aggiungo. Sui casi singoli non mi sono mai e poi mai esposta. Anzi, ti dirò. Ho l’occhio vigile e affinato e qualche caso non scoperto prima, l’ho aiutato io a venir fuori. E aiutato poi nel percorso. Mamme che non si stancheranno mai di ringraziarmi. Ragazzi che dal quattro di latino son passati al sette, grazie alla tecnologia. Ma io nel post parlavo di tutt’altro. Inoltre, la facilità di bollare come dsa tutti i ragazzi che alle elementari, vuoi per un motivo vuoi oer un altro, non hanno automatizzato la lettoscrittura, ecco questa facilità è proprio a quelli come tuo figlio che vanno a nuocere. Indovina come. Quando questi strumenti e dispense saranno dati a tutti (la direzione dei BES) ai veri dislessici resterà da colmare di nuovo un gap. E in quella direzione stiamo andando, perché molti miei colleghi, anche, tremenda cosa, pur di non aggiornarsi, pur di non avere rogne, firmano e compilano pdp alla cazzus, e dicono “se ha la diagnosi promuoviamolo e chissenefrega”. Ecco a me invece frega. Di capire e fare bene il mio lavoro.

          1. Niente è facile. È tutto abbastanza recente, l’importante è comunicare, collaborare, cadere e rialzarsi, per tutti. Si va per prove ed errori. Non ci sono due studenti DSA uguali. Purtroppo, per ora, vedo tanta chiusura, dubbio, diffidenza (esclusi i presenti, naturalmente.. 🙂 Ahimé.
            Cordialità,
            p.

      2. Aggiungo: gli strumenti disp/comp sono come gli occhiali per un miope. E inoltre, nessun quindicenne fresco di diagnosi l’accetta volentieri. Conosco qualcuno che rifiuta le misure per non farsi vedere “diverso”.
        di nuovo saluti,
        p.

        1. Vero. Qui però cosa dire? Come accompagnare un sedicenne all’accettazione di sé? E soprattutto, quante cose devo imparare, io che ho passato gli anni a studiare Catullo credendo fosse quello il nocciuolo della mia vita? E ho fatto formazione di counseling rogersiano, e studio legislazione scolastica e ora sto studiando i problemi di apprendimento, e poi ci vuole il Clil, e poi bisogna preparare la gita, correggere le griglie di valutazione. Io adoro ogni aspetto di questo lavoro. A volte dall’altro lato trovo persone che chiedono attenzione esclusiva al loro. È estremamente difficile, spero me ne si possa dare atto.

          1. Certo che è difficile. Ma meno male che studi e t’informi: purtroppo molti restano arroccati nella torre d’avorio! Comunque è tutto relativo. Io faccio un lavoro autonomo da inventarmi ogni giorno, non smetto mai non solo di studiare (certo forse temi meno aridi della legislazione scolastica, lo ammetto) ma di cercarlo mese per mese, il lavoro, e i miei committenti pretendono molto, pagando poco. È un lamento diffuso…
            (ps: faccio la traduttrice).

  14. Mi spiace di non avere il tempo per leggere tutti gli interventi che mi sembrano molto interessanti, mi limito a dirti che hai tutta la mia comprensione. Nell’arco del biennio sono riuscita a far migliorare un paio di allievi che dal 4 sono arrivati a prendere anche 7 nello scritto. Non è tutto merito mio, intendiamoci, molto dipende dalla loro volontà. Spesso non riescono proprio a capire che i loro scritti sono illeggibili, che la loro sintassi è avvilente, che gli errori d’ortografia sono pur sempre errori anche se Whatsapp non glieli segnala come tali. E anche se perdo ore a scrivere a margine, sul foglio protocollo, come avrebbero dovuto esprimere un dato concetto, continuano imperterriti sulla loro strada. Pochi, dicevo, sono disposti ad ascoltare, a darti fiducia, a far tesoro degli errori per non commetterli più. E comunque, per loro stessa ammissione, alla scuola media non sono abituati a scrivere, a produrre testi coesi e coerenti, ad esprimere concetti semplici in modo adeguato. Non parliamo poi della difficoltà incontrata nell’affrontare il testo argomentativo. Non voglio dare la colpa ai colleghi che mi hanno preceduta ma è inconfutabile il fatto che alla scuola media i prof sono troppo “larghi di manica”. forse anche per premiare chi si è impegnato di più rispetto ad altri. Ma alla fine non fanno il bene dei ragazzini e creano delle false aspettative nei genitori. E poi gli orchi siamo noi che insegniamo al liceo. 😦

    1. Sì, vero. Lo dicono fin dal primo tema, quando possono, che il salto lo sentono parecchio. Poi, un giorno avremo modo di discuterne e confrontarci, arriva il gap pazzesco tra la seconda e la terza. Quella letteratura che perfino per me è diventata un incubo.

      1. Il bello è che poi i prof di terza pensano che durante il biennio non abbiamo fatto nulla. E così ricomincia lo scaricabarile. Che tristezza.
        Per quanto riguarda la letteratura, ho anticipato in seconda la letteratura delle origini (come da indicazioni nazionali) ed è stata un’esperienza ancora più avvilente. Povere noi!

        1. Magari alternandoli ai promessi sposi, eh. E poi ci lamentiamo. (Detto da una che li ama, i promessi, eh, aggiungo)

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