Mi piace lavorare di sabato. C’è quell’aria di dismissione, di qualcosa che sta sempre per chiudere e si aspetta che l’ultimo avventore lasci il locale per capovolgere la sedia sul tavolo.
Ci si sarà messo anche marzo caldo e di sole per creare farfuglio, al Durocome e così oggi, complice i colleghi disponibili (e menefreghisti), mi son portata un manipolo di quarta in seconda, qualche fanciullina di seconda in quinta e ho filato una tela di ironia e lezioni in cui si sono riconosciuti, curiosi, come tesserine di un puzzle di desiderio e han riconosciuto me.
Anche i loro genitori sembrano riconoscermi.
Sono a caccia di riconoscimenti, evidentemente.
Visto che allo specchio qualcosa si è interrotto.
I comeback han smesso di ammattirmi e mi guardano compassionevoli e amorevoli come si guarda la zia matta, mentre sdilinquo su Pascoli e D’Annunzio, dopo aver detto no niente poesia, dai solo una, e poi leggere leggerle e sognare. I comeback già nostalgici del passato nemmeno finito “prof si ricorda il tre in geostoria di X, che ne dice se all’esame gli si chiede il melting pot”? E via così, a passi di satira, a giugno.
Uscita da scuola, però marzo mi è caduto addosso,e con lui un paio di attese mancate, un taxi millantato e mai arrivato, per esempio, e a casa mi ha stretto una morsa.
Ho fatto in tempo a sentirmi sola per sette minuti esatti prima che voci, gesti, doni, inaspettati, tutti insieme mi atrraversassero il sabato.
Un’ora di vita e critica cinematografica dal mio fanciullo da Hyundailandia
Un file .rar da uno sconosciuto gentile
Un grazie dall’amico della musica
Un fiore nel vetro dalla vicina di casa
Un consiglio estivo dal caro ingegnere
Uno scambio di sms di cose leggere e vaganti con un’amica di blog.
Il bene passa da qualsiasi mezzo, se è bene.
Se non è bene, non è niente, nemmeno di persona.