Lunedì cinema – Timbuktu

Prima ringrazio Iome e Gaberricci, per due cose precise. La seconda è l’impennata di stimoli che hanno dato al mio cerebro indurmentàa e al numero di post quasi seriamente culturale che ne è conseguito.

E ora mi consolo di un lunedì nato storto come i lunedì del vascorossi partecipando anche ai lunedì cinema diventati tematici sulla scia del divertimento e impegno del cita un libro. E di questi legami trasversali tra un blog e l’altro, che spesso si rinnovano, sale del tenerlo, un blog.

Il film ha la regia del mauritano Abderrahmane Sissako
Ambientato in una città dal nome e dalle reminiscenze magiche, Timbuktu ci mostra come gli jihadisti modifichino in profondità, con miopia e violenza, la vita di tutti.
I colori diventano il nero, i vecchi zittiscono i giovani, tolgono l’infanzia ai bambini, lapidano le donne. La musica è proibita, la punizione incombe sui disubbidienti.
Il film, a dispetto dei temi, non è mai didascalico, è una poesia che parla di Dio e degli uomini, di padri e di figlie, di destino e di morte, morte data, morte stabilita.
Non indulge mai sulla violenza, la sfiora, la suggerisce, complice una fotografia magistrale che vale già da sola la visione.
Una grande metafora dell’Africa, braccata dai fondamentalisti, inseguita di corsa come una gazzella senza scampo. E la gazzella è una dodicenne che ha il compito di scappare portando con sé le proprie radici, incipit e finale di una Ringkomposition che quando scorrono i titoli di coda, scorrono i brividi.

Qui il trailer

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