Il tricologo mi ha guardato, sì, e mi ha detto “scommetto anche alle unghie…””non si preoccupi, tornerà ad avere i suoi artigli”… Artigli, proprio così. Con sorrisetto di chi se li prova sulla schiena, dico, certi artigli. Che se non fossi stata, ad occhio, la sua zietta zitella, avrei pure pensato che ce stava a provà. Il tricologo. Il tricologo poi ha detto “c’ha una testa di capelli tale” che però almeno detto da lui non suona come quelli che ti dicono “perderli, tu? Ma va quanti ne hai”, come se a perdere tre dita contarne sette rimanenti fosse una strategia consolatoria vincente.
Così oggi l’ho capito, i capelli come gli amici quest’anno. Chissà se come idea scientifica la posso far passare. Sto perdendo tanti capelli perché perdo degli amici. O il contrario. Però il tricologo ha detto che fan così, i capelli, a scoppio ritardato sulle anestesie e sulle vancomicine. E ha detto soprattutto “ha una ricrescita pazzesca, si vede bene, stia tranquilla”. E infatti vede, gli direi, la mia teoria sta proprio in piedi perché per qualche amico perso, quest’anno ne sono apparsi e ricresciuti altri.
Come i miei capelli, che la ricrescita si sa riccia non è, è argentatissima, arruffata e diversa. E gli amici nuovi, son proprio diversi, non dico arruffati, questo no, ma si vede che ci sono, argentati anch’essi e fuori dal coro.
Questo post non si chiama “il tricologo” né “capelli e amici” però. Perché è un sabato di giugno, favonio, tardo pomeriggio come quelli là, quei sabati là, quel sabato là, attanagliata da una precisa nostalgia che mi accerchia come col compasso e suona come quando ti dicono “ancora? Dopo quattro anni?” come se a perdere un sogno e contarne altri rimanenti fosse una strategia consolatoria (sempre) vincente.
Come cazzo è che cadono i capelli, ricrescono gli amici, e le nostalgie fan quel cazzo che vogliono, eh.