Infatti la Liguria è proprio una delle regioni che preferisco seconda forse solo al Piemonte, sorpassata di poca misura dalle Marche alle quali antepongo però l’Abruzzo e senza dimenticare che tra i miei paradisi c’è il mare di Calabria, il Friuli che ho recentemente riscoperto e la Sicilia che però le batte tutte.
Giorni di mare ai primi di settembre, partite con quella leggera idea che al mare saremo sole. Così non ti capaciti di quell’assalto al parcheggio al Malpasso lungo Aurelia che alle 7 e 30 del mattino è già pieno perché forse in quel tratto lo occupano fin da notte, deduciamo, e ci dormono dentro, non ti capaciti che per quattro giorni le locande di FinalBorgo siano prenotate e se riesci a mangiarci una volta è dopo le 22 e perché sei con una residente che conosce il proprietario. E che alle 22 solo così salti la coda di chi è in coda per cenare.
Alla fine dei conti sai che non è la riviera romagnola (ed è per quello che ci vai, oltre alla comodità di vivere sull’autostrada sempre vuota che ti ci vomita lì in un paio d’ore) alla fine dei conti quel tratto di mare con quella ghiaietta chiara che solo in Grecia tu l’hai vista ti ripaga di ogni sforzo ma alla fine dei conti l’ingresso alla spiaggia era 5 euro come l’acqua seduta in pizzeria, parcheggio 1,80 all’ora, l’ombrellone con la sdraio 24 euro che tutto moltiplicato tre diviso due dici perché son tre giorni sennò non potevo. Sandali di cuoio in saldo 30 euro (mica potevo lasciarli lì) (OT ma è perché si tratta di scarpe).
E arriva la frase precisa “ma la crisi dov’è?”. Perché poi la crisi la cerchi in casa d’altri, tu sei lì, pensavi saresti stata sola al bagno, illusa, e tutti gli altri, dici, cosa ci fanno in Liguria a settembre, se c’è la crisi. Perché la crisi è anche narcisa, eh. Poi ragioni perché il caldo non lo impedisce, eh di ragionare, che non è poi un caldo così fuori stagione, a settembre é ancora normale. Ragioni e pensi non dovevo lasciare scienze politiche a metà, dovevo studiare ché in tempo di crisi non fai dieci giorni di mare ma quattro, non li fai con l’aereo ma sull’A26, non vai a Malibù ma a Varigotti.
Ragioni ancora, ridendo davanti alla vetrina di una immobiliare con Tumistufi che mi guarda entusiasta davanti al cartello di una ringhiera sull’azzurro e la scritta ” da riordinare, soggiorno cucina abitabile, camera bagno sulla spiaggia con cinque punti esclamativi” mi guarda entusiasta e dice “gattaGenni con 45mila a testa siamo felici per sempre”. Tumistufi, manca uno zero. Novecentomila, non novanta. Che forse a Malibù te la cavi con meno.
Non ragioni più perché non ne sei capace, lo ammetti e poi perché hai fame, dici son tre giorni crepi l’avarizia e ti siedi nei vicoli di Noli per partire presto che alle 15.40 la A10 il Cis viaggiare informati te la dice già bollino giallo.
Ti siedi e senti la serenità di chi alla fine se l’è potuto permettere e ha messo da parte per quattro giorni il negativo, ma che sa che esiste. Ti siedi e sai che in piccolo sei fortunata, hai un lavoro e ti piace, che sei fortunata anche in grande, non sei malata, non sei da sola, intorno a te in famiglia tutto per ora scorre ordinato, ti siedi ascolti il cameriere dare la colpa ai comunisti (testuali parole) saliti al potere in Comune, ordini un frittino di pesciolini che sai che da domani ciccia.
Ti siedi e in silenzio tu lo ringrazi il narratore onnisciente, lo ringrazi perfino di avere amici di facebook che non conosci ancora ma che l’amicizia è nobile ovunque la fai e ti ospitano in una casa bellissima; lo ringrazi insomma Quello, ed è come la vecchia abitudine di pregare davanti al cibo quotidiano, un’abitudine che tu, credente sghemba, credente a tre quarti, non pensavi di avere ma forse è lei ad avere te, un’abitudine di spirito che fa strade certo contorte se sale a fior di labbra sopra un fritto misto.
Dici grazie, lasci il parcheggio a uno dei trentasette in auto sotto il sole che attende se ne liberi di grazia uno, riprendi l’autostrada e torni a casa dalla Liguria di settembre.



