…licet limonare)
La storia cominciò nel salone, elementari dalle suore, innamorata di due, Fabio, bruno bello e tenebroso, Giuseppe, biondo, curioso e intelligente. Giuseppe veniva da Cassina de’Pecchi, lo diceva il paese più bello del mondo e io non sapevo dove fosse ma lo immaginavo pieno di fiori. Giuseppe possedeva un caleidoscopio che mi mostrava; i miei genitori l’avranno odiato Giuseppe, per aver dovuto cercare in tutta la retrograda provincia un coso che come si chiama quel coso. Io sognavo un paese pieno di fiori dove i giocattoli erano bellissimi.
E di baciare uno dei due, di più Fabio.
Due bimbi con una tuta rosso blu elastica e aderentissima. Vestiti entrambi da uomo ragno, finirono, ragioni sconosciute, a rotolare sul pavimento e darsele, prendendosi il castigo delle suore. In quel salone enorme. Strani giochi di memoria ché quando facevo il ginnasio, ebbi a rivederlo, il salone, solo una stanzona.
Scollinare e attraversare la frontiera, che c’è ancora una frontiera, douane, zoll, nel cuore delle terre. Attraversare la frontiera, lasciare il paese dove il Natale è la festa dei bambini, il Carnevale è la festa dei bambini, e l’otto marzo è la festa delle donne, quelle che forse almeno una sera lasciano a casa i bambini, surrogati e proiezioni di feste che gli adulti non vogliono più permettersi.
Attraversare la frontiera, Medusa che si veste, infilarsi nel fluire di persone dai 20 ai 60 anni, tutti mascherati, il paese chiuso e riempito di musica. Dieci stand al chiuso e all’aperto, le maschere a ballare, ridere, conoscersi, non avere barriere, il re è straccione, non farti fregare dal cardinale.
Tesserete, una delle pievi della Capriasca, diocesi di Lugano, carnevale Ambrosiano. Io, che è evidente, sei vite su sette, su tutte, una donnona grezza di Colonia. Kölle Alaaf! Kölle Alaaf! Kölle Alaaf!
“Medusa, Medusa, a me il Carnevale mette da sempre voglia di limonare e con gli sconosciuti, per giunta” “se è per quello la voglia di limonare con le sconosciute, io ce l’ho anche di martedì alle otto e trenta, per dire, Minnie”
A metà della storia ci fu una festa che mi fidanzò quando mi tolsi la dentiera di dracula, ma alcuni giorni dopo che me la tolsi. Perché invece la sera stessa, davanti alla palestra, finii a limonare per cinque minuti, di fretta con dei pungenti occhi blu, e volevano portarmi a un’altra festa (da cos’era mascherato, non ricordo così come non ricordo la maschera del fidanzato di qualche giorno dopo). Né Fabio né Giuseppe.
Però ricordo il viso dell’occhioglauco, come fosse ieri, strani giochi della memoria. Pulitemi la Ram.
Dovere di cronaca obbliga a dire che a metà della storia l’anno dopo, la ragazza, vestita da fragola, ingombrava gli spazi, si ri-fidanzava al ritmo di una jazz band; da cos’era mascherato stavolta lui, non ricordo, la sorella però sì, un vestito da dama veneziana, roba da teatro, noleggio ad alto costo. Io che il collare del frutto l’ho fatto con la carta crespa. E lui doveva mettere anche i dischi, nelle pause del nostro limonare. Solo Fabio o solo Giuseppe.
A Tesserete c’è intanto entropia, Medusa e gli altri, si è scelto di stare all’aperto, gli svizzeri hanno il senso di cosa ballare, Silvestro ad ogni brano chiede che anno era, cos’era, scommettiamo, laif is laiv, hai ragione, prima, prima dell’ottantotto, ho perso i 20 franchi dell’ingresso?
Alla fine della storia, da confessare, la personale perversione: gli uomini vestiti da donna. Collant, tacchi, rossetto sbavato, sono spesso belli, ambigui e seducenti (che c’entri il Bosé di Almodovar? non saprei). Alla fine della storia, me ne arriva uno vicino vicino, mi fissa negli occhi con le mani si sventola, fa aria a un décolleté da far invidia, da far invidia perfino a me. Sospira il suo Rouge Lancôme (Boudoir Time 185N, a occhio) me lo sospira a tre centimetri dalla mia, di bocca. Sospiro e chiedo la ceretta com’è stata. “Uhhhhhh” urlacchia la mia priscilla e lo lascio andare, niente, non è più tempo di sconosciuti, e di limonare.
Balliamo…” Daiiii, questa canzone, Medusa, ma che titolo ha?” “Mah, Pappaparaparapara pappaparapà”
Alle quattro del mattino, riattraversa la frontiera, non senza una benzina, alle cinque ho le orecchie da topo un po’ storte, che quaresima cominci.