reginette al burro, l’amore è azzurro

Che il sito della Apple Store mi ha preso in contropiede, lì che faccio in fretta a compilare i dati d’acquisto perché è il giorno dello sconto per i professori, all’Eppol Stor. Assistita dal collega Golia Ardò, tutore delle caratteristiche tecniche e io a dirgli ma la copertina, anzi scusa la smart case di che colore me l’ha messa? troppo serio il grigio scuro vero? e lui a sbruffare come gli uomini con le donne che scelgono la macchina per il colore o l’estetica (io, per esempio). Insomma mi han preso alla sprovvista dicendomi, cara signora potrà avere un’incisione laser gratuita per personalizzare, ci scriva qui quello che vuole che ci scriviamo, sul suo prodotto Eppol. Alla sprovvista, che a saperlo agli incisori ci pensavo giorni e giorni per scegliere che ho sto vizio qui da tardo adolescente di cercare la mia identità nelle frasette manco fossi ai tempi della Smemoranda. Commiseratemi, orsù.

Su due piedi allora glielo ho scritto agli incisori della Eppol come volevo personalizzare il mio loro prodotto. E ho scelto i versi più belli della letteratura italiana (non tutti, solo un incipit, della poesia più bella della poesia italiana).

Vi chiedo, a voi (anche se lei e lei secondo me la sanno già la soluzione) quali sono i versi più belli della nostra letteratura italiana. Secondo me e/o secondo voi, va bene uguale. Uno dei miei indovinelli scemi e finti in cui non si vince nulla che però io lo voglio sapere che poesia vi piace.

Cosa c’entrano le reginette al burro? Le reginette sono il mio formato di pasta preferito, semplici al burro da bambina erano una poesia. Me le son fatte stasera per festeggiare l’azzurro.

Ah, l’azzurro:

 

Shuffle

o del potere dell’ emmepitre funzione rigorosamente shuffle, sdraiata presso un torrente a millesettecento metri a ferragosto, che pare un titolo della regista dagli occhiali bianchi, e infatti. che faccio rido? Come se ridere di per sé bastasse già a risolvere gli errori, Scrivilo sui muri se vorrai qualcuno un giorno accanto a te che non pretenda d’essere il migliore…

Ci metti dentro quello che vuoi in quell’Ipoddino, lo carichi giorni prima secondo la stagione, perché la musica ha un’estate e ha un inverno, io ho avuto per anni anche la “musica del sabato”, rimasta ora in quale fondo di memoria del pc vecchio a colonna, fermo sotto il letto (alla faccia del feng-shui e dell’energia che ha da fluire sulle linee), rimasta ora solo e forse su qualche freddo I-Phone; It’s been a cruel summer, The sun has been hit by the storms My darling was bewitched by another, She caught my darling’s eye and as quickly as the lightning, I muttered a lonesome goodbye

Quindi in quel cosino piccolo piccolo, regalo di anni fa, primo regalo della lunga serie I-Cazz, ci ho messo la musica di ferragosto ché doveva essere per amor di precisione “la musica del ferragosto sulle Alpi tra il caldo e il freddo e la mia compagnevole solitudine” . I stand alone.

Il cosino piccolo piccolo te li sputa a caso i brani che nemmeno ti ricordi di averli scelti quelli, ne hai scelti di fretta novantanove, perché lo shuffle è sequenza caotica ma non disordinata (ci lessi un libercolo tempo fa, ma non lo gugolo mica), ti rimanda un puzzle di tessere tue la cui musica d’insieme non è più tua. Come la vita stessa forse? Filosofia spicciola dello shuffle.

Me ne son stata lì presso il torrente a pensare.  Com’è bello il vino rosso rosso rosso, bianco è il mattino, sono dentro a un fosso. E in mezzo all’acqua sporca godo queste stelle, questa vita è corta, è scritto sulla pelle.

Ho chiuso il libro e gli occhi When the ground was rumbling And the bathroom walls were bending I lay there wet and naked Oh i know your heard me yelling Out a name that you never used for me, till then..

Fino a quando ho capito che sì lo shuffle lo sa dove sei, lo sa che I’ve never felt alone
Like I do now, this moment I don’t belong here at all Must find the spark to go on

Lo shuffle sa anche dove stai andando, e cosa ci fai coi piedi a bagno in un gelido fiume,  Lascia che sia e che il diavolo se lo porti via non pensarci è una festa la tua età. Non sciupare il tuo sentimento. Lascia che sia metti tempo fra te e la nostalgia medicina da grandi amara o no Fa guarire ogni sentimento.

E’ colpa dello shuffle anche il post successivo, se poi mai lo scriverò.

Per chi desiderasse la sciàffolgrafia del post: bravagiulia di vascorossi, cruelsummer di karenelson, Istandalone del bellissimo dougpaisley, di pierociampi ilvino, caterpillar dei lambchop, tosurvive di joanapolicewoman, sentimento di miamartini, tutte in successione così alla cazz, ops alla sciàffol. Pare si chiamino pleilist. Plei, plei it again, Roceresà.

(di sms e di averne le scatole piene)

Non si fa, che si chiude in una scatola il cellulare con tutta la scheda sim e tutta la rubrica dentro. Non si fa. (Che poi una scatola riceva telefonate e messaggi non vi fa ridere?)(no eh?). Però non si fa nemmeno che io incontri persone che con aria secca e seccata mi rimproverano perché io, a loro parere, avrei dovuto essere qua e là e su e giù e invece non c’ero. Ma non so nulla – dico – e in risposta ricevo, secchissimo “Ma io ti ho mandato un sms”. Al quale non ricevendo risposta, si preferisce pensare che io sia una cafona, non che mi sia caduto il cellulare a lago o nel minestrone o l’ho lasciato da mia zia che sta a Gorizia. (non è vero ma tu non lo sai) (sono una cafona ma di tipo più raffinato che nemmeno te lo immagini).

Ok, tu mi hai mandato un messaggio. Tu affidi all’aria il desiderio di avermi da qualche parte o di sapere qualcosa di me. Non so se anche questo è ciò che intende Bauman con amore liquido, conoscenze liquide, amicizie liquide. Ma che qualcuno abbia messo lo sviluppo dei rapporti umani a girare nell’etere a me fa girare ben altro. Passi per Facebook, Twitter, il blog ma no, è l’sms che io non ho mai sopportato. Quei 160 caratteri in cui ci ho fatto, come in molti, anche all’ammore, che ora mi stanno stretti. Ora che ho bisogno di braccia, di tatto, di occhi, di mani che mi strappino all’assenza o solo che mi strappino da casa. E allora tu, se vuoi  stare un po’ con il mio sorriso, con la mia posa da zitellina acida, con le mie battute fintocattive, se vuoi saper come sto non rompermi le scatole quando mi vedi perchè “Ma tu mi hai mandato un messaggio” e:

– scrivimi una e-mail, allegami un paesaggio

– telefonami, dammi la tua voce

– lasciami un biglietto arancione nel cassetto in sala docenti

– vienimi a bussare a casa in un pomeriggio qualunque, salto in sella alla tua moto oppure ci sediamo in pasticceria, che ci vuole del resto

E gli sms col numero nuovo me li godo solo con il babbo che tra un treno e l’altro dei miei we musicali (ah: ierisera è stato il turno di Mark Lanegan all’Estragon) è fondamentale che mi chieda “la gatta e dentro ho fuori” “a che ora torni la gatta la devo uscire” “apri la gatta se passi in via del lago”. Sono una cafona. Mi sto antipatica perfino io, oggi. Non mandatemi sms per dirmelo. Non posso rompere le scatole.

p.s. è morto anche Tabucchi. Così poi ci tocca chiamare scrittori chessò perfino Fabio Volo, capite che di motivi per averne le scatole piene ce n’è ce n’è.

p.s. 2 nel caso poi mi sentissi male io e lo sapeste da youtube, come si dice qui, mandatemi un sms per avvisarmi. 🙂

p.s. 3 ne ho le scatole piene del giorno in cui si passa all’ora legale, della luce che non scende per imbroglio di lancette.

Monotonia. Vai a prenderla in quel posto, di fisso.

Noi fannullona statale (pluralis incazzositatis) oggi sabato è entrata a scuola alle 8.00. No vabbé lo confesso, erano le 8.04, al sabato si sa, sono in ritardo, ma stamane facevo benzina al self service e solo uscirla dai guanti la mano mi s’è congelata la punta dei polpastrelli che così le saracche non le ho tirate all’ 1.728 euro al litro ma ai guanti frou frou scelti per i -13C° invece di quelli da neve, che poi a dirla tutta facevano così male che mentre guidavo tentavo con lo smerdphone di fare la foto al vetro coi cristalli di ghiaccio bellerrimi che paiono un dvd illustrativo sui frattali e il caos calmo del mondo però l’altra mano mettevo in bocca i polpastrelli e li ciucciavo per rinsanguarli. Capite che insomma erano le 8.04 giustificate e poi ne sono uscita alle 18.00. Un’ora buca che ce l’ho messa su e giù dai corridoi per seguire il collega MaglioneSalmone e tramare contro tutti e telefonare nelle stanze dei bottoni del sindacato perchè forse mi candido, candida, nelle RSU. Totale dieci ore di scuola meno un’ora di pranzo che vai e che vieni al bar inifinito o doppio zero e ordini e venti minuti per mangiare un primo ce li ho avuti. Scrutini al sabato pomeriggio. Solo noi privilegiati abbiamo un sabato così poco monotono, a guardarlo fisso.

Fatto di scrutini elettronici così elettronici che mi viene da ridere a raccontare quante volte trascrivo a penna le stesse cose che ho inserito già in un pc. Piciù! E siccome in venti giorni ho corretto 11 pacchi di verifiche per la genialata del ritorno al voto non più unico me la sento di mostrarvi ora nel post successivo che cosa è successo a casa mia per tutta questa monotonia!

Ah, la password. Facciamo che è un indovinello (anche se non sono brava come la ‘povna), facciamo che è un film, prodotto con pochi soldi ché così è adeguato al mio stipendio, che ha quasi la mia età, il cui titolo italiano NON contiene il nome dello stato americano del titolo originale e in qualche modo far benzina, succhiare le dita, andare al bar qualcosa c’entrano.

lo smerdphone (e mille parentesi)

è lì splendido splendente. Ci ho passato ore, metti l’account togli l’account. Impostazioni. Memoria insufficiente. Touchscriììn, li mor-touch sua. E così ora le emails non mi arrivano né qui né lì; feisbuk che te lo dico a ffare, cambi di identità che nemmeno io so più chi vorrei essere (oltre a Julia Roberts che se esiste una bellona dello schermo cui vorrei somigliare è stata sempre e soltanto la Julia Roberts, si aggiunga il fatto che a 44 anni ha avuto due bei gemellini e mi mette speranza di una vita migliore insomma).  Sto tuitterando, quello sì. E grazie al cielo ho anche ricominciato a leggere i giornali. Così la Concordia affonda, i capitani coraggiosi mi fanno venire in mente solo l’ottavo del Paradiso e noi che facciamo re di tali che son da sermone, ottavo sì, nano incluso. E la finta concordia? Quella di chi pensa di essere sempre dalla parte del giusto e tutta questa visibilità mediatica la usa per avere una claque che non avrebbe mai? E il Maroniday? Che se penso a twitter che mi dava ogni 30 secondi aggiornamenti su parole che una costituzione sana e robusta non dovrebbe tollerare di pronunciare in un teatro? E quelli lì con il fazzolettino verde (chi lo usa ormai per le bave) e io che spiavo tra le foto per vedere se ci fosse qualche alunno e genitore di alunno sognando insufficienze e bocciature compensative (per me?)? Sì lo so che non si fa. Ma non si fa nemmeno di scavalcare consigli di classe o coordinarli di sottecchi. E anche questo sono le mie settimane passate. Con la Garrula degli Indeponenti che mentre spiego l’Ultimo Canto di Saffo e la rupe e il suicidio e l’amore per Faone chiede delucidazioni perché ma lei non ci aveva detto che “ma non era dell’altra sponda?”. Roba da chiodi. Menomale che mi sto leggendo Malvaldi che mi fa sorridere perché le cose leggere non sono mica tutte stupide. Ah: uno dei mie giorni preferiti è la festa di Sant’Antonio a cui non chiedo mai abbastanza bene o forse in pessimo italiano ma c’ero e devo dire che lo smerdphone fa delle foto bellissime. Così ve le posto al solito posto, io me ne torno in quel posto perché mi sento ancora un po’ di smerdphone.