Mezzo grado di separazione

Da questo balcone con vista sull’acqua, dove da marzo ricresceranno le chiome degli alberi e il lago sparirà a poco a poco. Esco poco, chatto troppo, lavoro male.

Da fogli sparsi, per la raccolta della carta, è venuto fuori un elenco di nomi, alunni nel 2000, ai nomi associavo ancora i visi, non tutti, e dicevo “e questo? e questo?” Eppur dimentico.

L’amico, Chiamiamolo Così, CC (una delle due C sta per cachemire, l’altra è invece di sostanza) mi chiedeva anche perché non parlassi mai della mia università, lui che una parola su tre è “Bocconi”. Perché voglio dimenticare, da statale.

Così la finestrella di messenger che si è aperta in quel momento, – in quel momento quale?- diceva solo “quasi mi dimentico di dirtelo, ho interrogato una tua ex alunna”.

Quale? Una ragazza, capellidirame, l’hai avuta solo al biennio, latino. Tre minuti, e l’avevo davanti agli occhi, la ragazza, no che non dimentico.

E mentre Noise mi riporta meglio il dialogo, e mi racconta che la fanciulla quasi capotta dalla sedia a sentirmi nominare, penso al sentirmi nominare ora “come cara amica”, proprio in quel posto lì che dimenticherei, e Noise deve averlo capito cosa intendevo, ridendo e dicendo “silvas doces resonare Roceresalem”.

E poi le cose serie.
Noise scrive “buffo però”.
Sì, buffo, ma pensarci al come e al perché ci siamo incrociate e conosciute mi mette sempre di buon umore e qualcosa in più che non saprei dirti, senza retorica.
Perciò non te lo dico.

Ed è partita la faccina.
Cià, Noise, un giorno di questi mi devi offrire un cappuccino in via Università.